Lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi in Italia

Indice Che cos’è una radiazione? Quando una radiazione è pericolosa? Rifiuti radioattivi e scorie nucleari Il problema dello stoccaggio dei rifiuti radioattivi…

6 gennaio 20217 minuti

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Negli ultimi giorni si sono scatenate molte polemiche per la pubblicazione della Carta delle aree potenzialmente idonee ad accogliere il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. La Sogin, società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti connessi, si è occupata di identificare i 67 siti sparsi sul territorio della penisola (e non solo). Per capire di che cosa si sta parlando occorre fare un passo indietro.

Che cos’è una radiazione?

Iniziamo da una premessa: la maggior parte delle radiazioni provengono da fenomeni naturali e non sono affatto pericolose.

In natura, numerosi minerali sono affetti da spontanee modifiche alla loro struttura atomica. Questo non vale soltanto per grandi massi sepolti a chilometri di profondità, ma anche per i minerali contenuti in molti cibi comuni. Ad esempio, le banane sono uno dei frutti più radioattivi a causa del potassio che contengono.

Una radiazione è in generale un trasferimento di energia a distanza, mediato tramite un’onda o una particella.
Qui stiamo parlando di onde elettromagnetiche (come la stessa luce visibile) e di particelle subatomiche. Ma quando una radiazione è pericolosa? Quando trasporta molta energia.

Quando una radiazione è pericolosa?

Radiazioni molto energetiche, come i raggi ultravioletti, vengono chiamate radiazioni ionizzanti. Esse sono in grado di penetrare i materiali a livello atomico ed espellere con forza alcuni degli elettroni presenti. Questo processo sul corpo umano può arrivare in casi estremi a danneggiare le cellule oltre la naturale rigenerazione e persino il DNA in esse contenute.

Utilizzare una crema solare d’estate serve a prevenire un trasferimento di energia eccessivo fra i raggi ultravioletti prodotti dal Sole (luce con più energia, che i nostri occhi non vedono) ed il nostro corpo.
Tuttavia non c’è bisogno di creme o tute anti radiazioni per maneggiare una banana. Il trasferimento di energia infatti non è sufficiente ad essere dannoso per il corpo, che anzi gestisce autonomamente la radioattività dell’ultima banana che abbiamo mangiato.

Per riassumere, più le radiazioni trasportano energia più sono pericolose.

Rifiuti radioattivi e scorie nucleari

Sono numerose le attività umane in grado di alterare il livello di radioattività di sostanze o di un materiali. Terminati gli usi di questi, diventano rifiuti da smaltire. Al pari di olii, sostanze chimiche ed altri prodotti, smaltire rifiuti radioattivi richiede precauzioni aggiuntive, in base a tre fattori:

  • quali sono le radiazioni prodotte;
  • quanto è alto il livello di radiazioni prodotte;
  • per quanto l’oggetto resterà radioattivo.

Ritorneremo su questi tre punti nella prossima sezione.

Le pericolose scorie delle centrali a fissione nucleare sono sicuramente il primo pensiero, ma in realtà queste sono una minima parte dei rifiuti radioattivi esistenti.

In medicina sono decine le applicazioni per diagnostica e terapie: radiografie, imaging molecolare (come nel caso di una TAC con mezzo di contrasto), radiofarmaci per attaccare cellule cancerogene.
Nell’industria emissioni di radiazioni sono utilizzate per studiare materiali di elevato spessore senza danneggiarli (radiografia PnD), sterilizzare biologicamente prodotti medicali e alimentari, studiare la composizione di ogni tipo di sostanza (dallo smog agli alimenti).

Il problema dello stoccaggio dei rifiuti radioattivi

Una volta che l’uso della sostanza radioattiva è terminato, questa deve essere isolata in modo che le particelle che continua ad espellere non vengano assorbite in modo dannoso.

Il tipo di radiazione prodotta è necessario per approntare una schermatura adatta. Particelle cariche come elettroni liberi o particelle α (nuclei di elio) vengono immediatamente intercettate e deviate da metalli e solidi sottili a causa delle interazioni elettromagnetiche. Tuttavia, radiazioni neutre come ultravioletti, gamma e neutroni liberi richiedono corpi densi e ricchi di altre particelle a fare da bersaglio: il piombo è l’esempio più classico.

Il livello di radiazioni prodotte, o meglio l’energia trasportata dalla particella, indica la dimensione fisica della schermatura da utilizzare. Ad esempio, qualche millimetro di piombo per campioni di isotopi radioattivi o chilometri di atmosfera per le radiazioni gamma provenienti dallo spazio. Schermi diversi possono poi essere sovrapposti in modo da bloccare tutte le emissioni desiderate.

Infine, per quanto l’oggetto resterà radioattivo. Poiché la maggior parte dei rifiuti radioattivi espelle particelle, la radioattività spontanea non è in grado di proseguire all’infinito.
Tutte le sostanze seguono una legge di tipo esponenziale, in modo molto intuitivo. Immaginiamo di avere un corpo spontaneamente radioattivo perché è composto da 100 particelle che è in grado di espellere. Noi conosciamo l’oggetto e sappiamo che quelle particelle hanno, ogni minuto, il 10% di probabilità di essere espulse.
Perciò, dopo un minuto avremmo un oggetto, ancora radioattivo, composto da 90 particelle; dopo due minuti di 81; dopo dieci di 38; dopo venti di 13. Ed in particolare l’oggetto ha espulso metà delle proprie particelle dopo circa otto minuti: questa quantità è il tempo di dimezzamento della sostanza radioattiva.

Tempo di dimezzamento di un corpo radioattivo

Elaborazione del grafico a cura della redazione di Spazii

È evidente come le emissioni calino molto rapidamente nel tempo, con un comportamento sempre simile alla curva qui sopra.
Tuttavia, se il numero di particelle che possono essere espulse è molto alto o se il tempo di dimezzamento è estremamente lungo, il tempo per il quale lo schermo è necessario si allunga di conseguenza.

Che cos’è la Carta delle aree potenzialmente idonee per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi in Italia

Il 5 gennaio 2021 è stata pubblicata la proposta di Carta delle aree potenzialmente idonee (CNAPI), dopo l’approvazione di ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare) e del Ministero dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente. Si tratta solo di un primo passo di un lungo percorso che porterà ad individuare un luogo adatto per realizzare il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico, su cui torneremo più avanti.

Carta per lo stoccaggio dei rifiuti radiottivi

Foto via Deposito Nazionale

L’individuazione del luogo finale di destinazione dei rifiuti vuole essere un processo condiviso con la cittadinanza, nelle figure delle Regioni ed Enti locali. Proprio per questo Sogin ha messo a disposizione per il download tutti i documenti relativi all’identificazione dei 67 siti scelti.

Sul portale dedicato al Deposito Nazionale viene anche spiegato quali sono stati i criteri nella scelta dei luoghi, che dovevano rispondere a precise caratteristiche ambientali. L’obiettivo finale è garantire la sicurezza.

Che cosa sono il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico

Secondo i progetti di Sogin, il Deposito Nazionale che dovrà sorgere in uno dei siti scelti sarà un’infrastruttura che permetterà di stoccare in maniera definitiva i rifiuti radioattivi oggi sparsi in vari depositi sparsi sul territorio italiano. Questi rifiuti hanno provenienze molto diverse: si va dai vecchi impianti nucleari smantellati 30 anni fa agli scarti prodotti in medicina, industria e ricerca.

Alcuni di questi materiali avranno bassa o molto bassa attività radioattiva, e verranno smaltiti secondo le procedure e gli standard in vigore. Per quanto riguarda i rifiuti ad attività medio-alta, saranno stoccati in attesa del loro trasferimento in un deposito geologico adatto, da individuare in un secondo momento.

Secondo i progetti il deposito avrà una superficie di 110 ettari, 1,1 chilometri quadrati. A proteggere il sito ci saranno barriere naturali e ingegneristiche, in modo da garantire la massima sicurezza per l’ambiente e le persone.

Nel portale dedicato al Deposito Nazionale si legge:

Nel dettaglio, all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con i rifiuti radioattivi già condizionati, detti manufatti. Nelle celle verranno sistemati definitivamente circa 78.000 metri cubi di rifiuti a molto bassa e bassa attività. Una volta completato il riempimento, le celle saranno ricoperte da una collina artificiale di materiali inerti e impermeabili, che rappresenterà un’ulteriore protezione e permetterà un’armonizzazione dell’infrastruttura con l’ambiente circostante. 

In un’area specifica verrà poi costruita la struttura per lo stoccaggio di lungo periodo.

Tutto il Deposito sarà poi coperto da una collina artificiale, per integrarlo nell’ambiente circostante.

Ad affiancare questo complesso ci sarà il Parco Tecnologico. Si tratterà di un centro di ricerca e formazione nel campo dello smaltimento e gestione dei rifiuti radioattivi, nella radioprotezione e nella salvaguardia ambientale.

Prospettive incerte per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi in Italia

Restano al momento alcuni interrogativi aperti. Quale sarà il reale impatto ambientale, ad esempio. Da Sogin e dal Ministero dell’Ambiente, nelle parole del Ministro Sergio Costa, arrivano garanzie di grande sicurezza. Anzi, il Deposito Nazionale potrebbe rappresentare un’occasione per superare i siti sparsi e disorganizzati che oggi costellano il nostro territorio.

Articolo scritto in collaborazione con Giacomo Rosso

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