Tamara Lunger, la Heidi altoatesina che scala gli ottomila

Nata a Bolzano nel 1986, Tamara Lunger ha sempre vissuto sulle montagne. Cresciuta a San Valentino in Val d’Ega, maggiore di tre sorelle, ricorda la propria…

21 gennaio 20216 minuti

Nata a Bolzano nel 1986, Tamara Lunger ha sempre vissuto sulle montagne. Cresciuta a San Valentino in Val d’Ega, maggiore di tre sorelle, ricorda la propria infanzia come una favola, non perfetta o meravigliosa ma proprio “da favola”, spesso passando i weekend a seguire le gare del papà, uno scialpinista professionista, su e giù per il Trentino dentro ad un furgone. Avendo passato così tanto tempo a contatto con il mondo sportivo e più precisamente competitivo appare chiaro da dove sia nata la sua tempra e la sua grinta, che l’hanno portata a diventare due volte campionessa Italiana di scialpinismo e poi campionessa del mondo nel 2008.

Simone Moro e Tamara Lunger

Il primo aprile 2009 Tamara aprì una mail che non si aspettava di ricevere, ma che attendeva speranzosa, una mail che stava per cambiarle la vita. All’interno poche frasi telegrafiche: ”Ti porto Tamara, ti prometto che ti porto. dammi il tuo numero che ti chiamo e organizziamo”. Il mittente era Simone Moro, che nel 2009 già si poteva considerare uno dei più esperti alpinisti al mondo, e prometteva ad una ragazza di ventitré anni di portarla su un 8000.

Poco più di uno sconosciuto per Tamara, e per di più le scriveva il primo di aprile. La mente si sforzava di convincersi che non valesse la pena esaltarsi, che quasi certamente si trattava di uno scherzo, eppure… Niente da fare! L’euforia prese il sopravvento e Tamara iniziò a saltare per la Stube gridando di felicità, con la madre che la osservava incuriosita ”Tu sei completamente pazza!” le disse, non appena venne messa al corrente della ragione di tanta esaltazione. Tamara lesse però nei suoi occhi la gioia di una madre per la realizzazione della figlia.

La gavetta, i successi e gli insuccessi.

Il 2009 è stato il battesimo di alpinismo d’alta quota: Tamara raggiunse la vetta del Imja Tse (6189m s.l.m.), cima nepalese conosciuta più comunemente come Island Peak e sita a soli 10 km dal Everest.

Nel 2010 è stata la donna più giovane sul Lhotse (8516 m s.l.m), la quarta montagna più alta della terra: il suo unico rammarico sarà aver utilizzato l’ossigeno per raggiungere la cima.

Sempre nel 2010 partecipò ad una spedizione sul Cho Oyu (8201 m s.l.m.), senza tuttavia riuscire a raggiungerne la vetta.

Il 2011 è la volta del Khan Tengri (7010 m s.l.m.), montagna che si trova sul confine tra Kirghizistan, Kazakistan e Cina.

Sono state due le spedizioni tentate nel 2012, il Muztagh Ata (7546 m s.l.m.), scalata con successo, ed il più difficile Broad Peak (8047 m s.l.m.), la cui cima Tamara non riuscì a raggiungere.

Nel 2013 ottenne il 2o posto alla Transalpinerun in team con Annemarie Gross, e scala il Pik Lenin (7134 m s.l.m.). È tuttavia la spedizione con il papà l’avventura più grande, quando insieme percorsero 150 km di neve e ghiaccio nella The great crossing, la traversata di sci alpinismo in Pakistan e la salita di due vette inviolate e senza nome (6345 m and 6489 m).

Vinse il 1o posto alla Transalpinerun in team con Annemarie Gross nel 2014, lo stesso anno scalò il K2 (8609 m s.l.m.), la seconda montagna più alta della terra senza ossigeno: è l’undicesima donna al mondo a compiere l’impresa.

Nel 2015 tentò la salita invernale del Manaslu (8163 m s.l.m.), con Simone Moro. Nella fase di acclimatamento aprirono una nuova via in stile alpino sulla parete nord dell’Island Peak e fecero una prima salita del Kang Lemo Central (6100 m s.l.m.).

Il 2016 è stato l’anno del Nanga Parbat (8126 m s.l.m.), in squadra con l’amico e mentore Simone Moro, il pakistano Ali Sadpara ed il basco Alex Txicon. Tentarono l’ascesa in invernale, ma a causa di problemi di salute dovuti al rigido clima della montagna Tamara decise di ritirarsi dalla scalata a soli 70 metri dalla cima.

Nel 2017, dopo aver raggiunto quota 7.200m, Tamara Lunger e Simone Moro decisero di porre fine al loro Skyline Project, che prevedeva la traversata completa della lunga cresta del Kangchenjunga (8.586m), in Himalaya: un nulla di fatto a causa delle abbondanti nevicate della stagione. Nello stesso anno l’altoatesina compie una spedizione volando in tandem sulle montagne dell’Himalaya indiano con il campione di parapendio Aaron Durogati.

Al termine di questo viaggio Tamara Lunger inizia a spostare la sua attenzione dagli ottomila a nuovi progetti più “esplorativi”. Ci mette due mesi a decidere di affrontare il progetto che Simone Moro le propone nel 2018, per paura di perdere le dita dei piedi per il freddo. Ma alla fine le foto della zona sono così intriganti che accetta di partire. Così i due, a -40° C, in uno dei posti più freddi del pianeta, scalano in invernale il Pik Pobeda (3.003m), la montagna più alta della Siberia.

Il film firmato The North Face dell’impresa di Tamara Lunger e Simone moro nel 2018 sul Pik Pobeda

Nel 2019, insieme all’amico Franz, esplora a piedi la Mongolia, sul confine Nord-Ovest, camminando da Zengel, fino ai monti Altaj, e salendo sul Malchin Peak (4.050 m s.l.m.).

Nel 2020, durante un tentativo di ascesa invernale sul Gasherbrum 1 (8068 m s.l.m.) insieme a Simone Moro quest’ultimo cade in un crepaccio riportando diverse contusioni fortunatamente non gravi. Tamara, che lo assicurava, riesce a trattenere ed infine fermare la caduta del compagno ferendosi però gravemente la mano destra e bloccandosi proprio sul ciglio dell’abisso. Rientrati al campo base i due decideranno di abbandonare la spedizione e fare ritorno in Italia.

Tamara Lunger ha annunciato a novembre 2020 che avrebbe partecipato alla spedizione sul K2 invernale insieme al romeno Alex Gavan. I due sono partiti il 21 dicembre successivo ed arrivati al campo base circa una settimana più tardi.

Tamara Lunger

Tamara Lunger, lo scorso Natale in partenza da Skardu direzione Askoli. Foto via Facebook

La fede come forza

Tamara Lunger ha sempre coltivato una profonda fede in Dio, con il quale spesso parla, discute, talvolta si arrabbia persino e vi fa affidamento nei momenti più difficili quando la mente umana cerca disperatamente qualcosa a cui aggrapparsi per non scivolare nell’oblio. La fede può essere un potente strumento di aiuto quando anche la propria forza e la mente cominciano a vacillare, una fonte di speranza e grinta per quando il resto fallisce.

Non c’è infatti da stupirsi se sono molti gli alpinisti che affermano di portare con sé piccoli oggetti che ritengono “portafortuna” come pietre legate ad un bracciale o a collane, spesso ottenute in modi particolari. Di certo, passare da soli, o magari con un paio di compagni, giorni, settimane o anche mesi isolati dal resto dell’umanità, consapevoli di mettere a rischio costantemente la propria vita, che sia su pareti di roccia verticali o su immensi ghiacciai ai piedi di un ottomila spinge l’essere umano a cercare un legame con la natura che lo circonda per non sentirsi solo, una delle sensazioni che più l’uomo come creatura repelle da sempre.

Tamara è dunque una donna, una forza della natura inarrestabile in grado di stringere i denti e spingere anche quando lo zaino grava sulle spalle con più insistenza del solito, quando il ghiaccio e la neve respingono i ramponi, quando l’aria è cosi povera di ossigeno che non bastano cinque respiri per fare un passo, quando il freddo è tale da intorpidire un corpo in pochi istanti. Eppure l’asprezza delle condizioni che ha incontrato nei suoi viaggi non l’hanno resa meno gioviale, più attenta e assennata forse, ma mai meno sorridente o energica.

Io, Tamara l’altoatesina, appartengo a questi luoghi. niente e nessuno potrà mai regalarmi queste sensazioni per le quali vivo e mi impegno a fondo. Una libertà e una pace interiore che mi danno una forza pazzesca!

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